Fight Club 2 non ci spaventa



Sono passati quindici anni dalla pubblicazione di quel famosissimo romanzo, diventato film cult tre anni dopo grazie alla regia di David Fincher. In uno dei suoi racconti brevi, Chuck Palahniuk scrisse di aver festeggiato l’evento nella vasca da bagno, seduto in una pozza di sangue e piscio, con un calice di champagne in una mano e il calcolo renale che era appena riuscito a espellere nell’altra. Una cosa assolutamente da lui.

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La prima volta che ho letto Fight Club ero intorno ai diciannove anni, e già si parlava di un ipotetico sequel che segretamente speravo non venisse mai realizzato (provate a capirmi, proprio quell’estate era uscito al cinema Notte prima degli esami – Oggi). Invece lo scorso luglio Palahniuk ha dato l’annuncio al Comic­Con di San Diego, davanti a orde di fortunatissimi geek armati di smartphone. Perché Fight Club 2 non sarà un libro ma una graphic novel in dieci puntate, la prima prevista per maggio 2015.

Credevo che Fight Club non potesse che finire così: Edward Norton con l’occhio pesto e i denti neri, che tiene per mano Helena Bonham Carter e le dice quella frase perfetta mentre i grattacieli crollano sullo sfondo. Nel nuovo Fight Club il progetto eco­terrorista di Tyler Durden è fallito, o peggio, si è istituzionalizzato. Il protagonista ha sposato Maria Singer, è diventato un padre di famiglia e vive in una noiosa periferia, ripetendo con il figlio gli stessi errori che il padre aveva fatto con lui e imbottendosi di psicofarmaci per evitare che il suo alter ego riemerga.

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Mi sembra già di vederli: una coppia di tipi strani che hanno finito per imborghesirsi. Proprio la cosa che più mi avrebbe fatto orrore a diciannove anni. Adesso trovo l’idea piuttosto intrigante. Se Fight Club raccontava la rabbia e la rivoluzione dei giovani contro gli adulti, Fight Club 2 dovrebbe raccontare cosa succede quando in qualche modo pensi di avercela fatta ma per molte ragioni non ti senti davvero felice. Davvero una vita più stabile e sicura è una vita migliore?

Le premesse sembrano interessanti e sicuramente non mancheranno forti dosi di sesso, schifo e ultraviolenza. Nonostante trovi che Fight Club sia il più bel romanzo sulla disobbedienza sociale, più di 1984 (perdonatemi) e più di Fahrenheit 451 (perdonatemi e poi fucilatemi), non ho paura che il sequel possa rovinarlo. Chuck Palahniuk era un trentenne incazzato quando l’ha scritto, ora ha superato i cinquanta: praticamente è la stessa persona, ma dall’altra parte della barricata. E poi, lui è un duro.

Silvia Cannas Simontacchi