“Si, ma guarda com’era vestita”. Abbiamo sentito questa orribile frase mille volte, ed è quasi diventata una trivialità. Una donna ha subito un’aggressione sessuale, il suo corpo e la sua integrità sono stati stuprati.
Eppure di fronte a questo atto di violenza fisica e psicologica, la reazione degli amici e dei membri della famiglia può anche lasciare di stucco. Tutto ciò ha dato ispirazione a Katherine Cambareri, una studentessa in fotografia, per il suo progetto di tesi alla Arcadia University. Ha difatti deciso di creare una campagna atta a denunciare la facilità con la quale la gente può arrivare ad incolpare la vittima stessa.
“Durante l’estate ho letto Missoula di Jon Krakauer e sono stato scioccata di vedere come sono trattate le vittime di aggressioni sessuali. Spesso viene chiesto loro se avevano bevuto e che cosa indossassero. Volevo fare qualcosa per mostrare l’assurdità di queste domande”.
Per realizzare questa serie di fotografie ha contattato, via Facebook, varie vittime di aggressioni chiedendo loro di mostrarle i vestiti che indossavano durante lo stupro. Un atto di coraggio da parte delle vittime che la fotografa ha deciso di immortalare in questa serie di scatti.