L’infanzia incontra cinema, musica e culture diverse nei disegni di quest’illustratrice



Disegni ricchi d’istinto, di colore, della spontaneità e del candore dell’infanzia: queste sono le linee guida di Cecilia Sammarco, illustratrice attualmente di base a Milano, che alla formazione inquadrata e precisa dell’architettura ha saputo associare uno “stile” composito, ricco di tanti spunti – dal cinema italiano, alle culture straniere, alla musica. Abbiamo fatto qualche domanda a Cecilia, per scoprire il suo percorso, le sue fonti d’ispirazione, e i suoi modelli.

Ciao Cecilia, raccontaci del tuo percorso come illustratrice.
Darlin ! Il mio è un percorso che parte dalla musica, passa dall’architettura ed arriva all’illustrazione alimentandosi quotidianamente grazie alle suggestioni che provengono da questi ambiti. Ho studiato architettura a Roma, e sono grata dell’approccio mutlidisciplinare acquisito. Tuttavia, pur amando profondamente la ricerca in ambito architettonico, mi sentivo molto lontana dal dibattito contemporaneo.  Dopo un breve periodo vissuto ad Arcosanti e Londra sentivo il desiderio di studiare, scoprire e fare esperienza del mondo variegato e sfaccettato dell’illustrazione. E, Siccome quando ci impegniamo possiamo allinearci all’universo e ricevere dei superpoteri :-), ho avuto la fortuna di vincere una borsa di studio che mi ha consentito di seguire MiMaster a Milano, realtà formativa unica in questo campo.

Chi sono i tuoi modelli più grandi nel tuo campo?
Sicuramente Saul Steinberg, Tomi Ungerer, Guido Scarabottolo.
Perché hai deciso di usare questo stile particolare, che ricorda molto i disegni dell’infanzia?
Dal mondo dell’infanzia prendo in prestito l’amore per la matericità e spontaneità. Molti disegni sono fatti in tecnica mista: un collage di materiali, tecniche e strumenti. Il mio “stile” è un non stile, nel senso che ho sempre difeso l’istitività nel mio lavoro, senza preoccuparmi di essere riconoscibile o di inquadrare la mia produzione. Per anni ho disegnato compulsivamente dovunque e qualunque cosa. Forse scappando dalla precisione millimetrica dei disegni in CAD, o dalla geometria descrittiva, ho iniziato a disegnare senza scopo, senza regole, senza computer, senza chiedermi esattamente cosa volessi esprimere, ed a chi volessi rivolgermi. In questo senso è stato fondamentale il mio anno trascorso al MiMaster, in cui ho allenato la capacità interpretativa necessaria all’ illustratore. Durante questi mesi, grazie ai professionisti che ci hanno raggiunto e soprattutto grazie alla fucina creativa rappresentata dai miei compagni, il mio “stile” sta evolvendosi verso una spontaneità più digeribile e comunicativa.
Come scegli i tuoi soggetti, e da cosa trai ispirazione?
Sono molto legata all’arte folk e naif: apprezzo molto il concetto di arte popolare semplice, immediata, familiare. Da questo modo di concepire l’arte ho ereditato la necessità di istintività, l’inclusione dell’errore, l’amore per il colore, l’uso del contorno. Traggo molta ispirazione dalla musica, in particolare dal funk ed il jazz, ed il mio sogno sarebbe quello di creare, attraverso il mio lavoro, delle interazioni maggiori tra illustrazione e musica. Sono influenzata  dai colori ed i pattern delle diverse culture, dal Sud del mondo, ed il cinema italiano di “qualche” anno fa.
Chi sono 3 illustratori contemporanei da tenere d’occhio, a parte te? ;)
Ci sono moltissimi professionisti da tenere d’occhio, il clima è in gran fermento !
Vi segnalo tre donne che mi piacciono particolarmente: Marie Doazan, Ana Popescu, Laura Junger.
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