La street art che salva un paese: la storia del CVTà Street Fest raccontata dalla sua organizzatrice



Anche quest’anno si è svolto, dal 7 al 10 giungo, il CVTà Street Fest, un festival di street art organizzato nel borgo di Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, nel Molise, di cui l’artista di fama internazionale Alice Pasquini è organizzatrice.

Non avevano in mente di organizzare un festival, le ragazze che, qualche anno fa, hanno contattato la street artist per realizzare un muro in paese, né sapevano che il nonno di Alice era proprio il medico di quel piccolo borgo che, purtroppo, con gli anni si va svuotando. Un progetto che è nato in maniera quasi casuale, con tanta passione e un pizzico di “spirito romantico,” come ci ha raccontato Alice nell’intervista che potete leggere di seguito.

Un paese affascinante che si sta svuotando, e la street art che riesce a ripopolarlo, a risvegliare l’interesse dei turisti, a ripopolare le vie come nei giorni più belli di festa. Tra istallazioni, artisti, dj, eventi, workshop di cavatielli e signore che aprono le porte delle loro case per ospitare gli street artist: questo e tanto altro è il CVTà Street Fest come ce lo ha presentato Alice Pasquini.

cvtà street fest

2501, CVTAStreetFest Photo ©Ian Cox, 2018

Ecco la nostra intervista.

Ciao Alice, racconta qualcosa di te ai lettori di Darlin.
Io ho sempre studiato arte. Parallelamente al percorso accademico, tra liceo e accademia, ho coltivato la passione per quella che era la cultura underground, tra hip-hop, graffiti, break dance. Ho iniziato da giovanissima: la mattina dipingevo le modelle in accademia, e il pomeriggio imparavo a utilizzare gli spray.

Più in là questa mia passione per quelli che venivano chiamati graffiti si è trasformata improvvisamente nel fenomeno della street art: nel 2010 è diventata molto più popolare.

Io nel frattempo avevo dipinto in diversi Paesi, su tantissimi muri — oltre duemila. Ecco, ora, dopo aver dipinto in lungo e in largo, da Singapore, a Mosca, all’Australia, non mi sarei mai immaginata che mi avrebbero contattato proprio da Civitacampomarano. La ragazza della pro loco “Vincenzo Cuoco” non sapeva che mio nonno era il medico del paese, quindi era nato e cresciuto a Civitacampomarano. Avendo io il cognome di mio padre non aveva ricostruito la parentela, essendo lui il padre di mia mamma.

CvtàStreetFest 2018 Ph. Alessandro Tricarico

Io non avevo più messo piede a Civitacampomarano per moltissimo tempo. Sono tornata dagli Stati Uniti in questo piccolo borgo, e lo ho ritrovato, come dire, vuoto rispetto a come lo ricordavo io, e rispetto ai racconti di mio nonno: le scuole ormai avevano chiuso, non c’era più nessuno. Gli abitanti di Civita sulla carta sono 400, ma in pratica saranno 150 persone.

Le ragazze della pro loco, che resistono in questo luogo, mi hanno veramente commossa. Per cui, dopo aver dipinto muri enormi in giro per il mondo, mi sono ritrovata a Civitacampomarano a fare interventi sulle porte delle case abbandonate della parte vecchia, ormai praticamente disabitata, nonostante loro volessero che dipingessi su un muro intonacato. Ma per me la street art che è una cosa più spontanea: per me come artista, l’ispirazione nasce anche dalla superficie, che non è una tela bianca.

Infatti, anche in studio io lavoro con gli oggetti di recupero, quelli che porto dai miei viaggi in giro per il mondo, con l’idea di restituire valore a quelle cose che altrimenti resterebbero abbandonate e dimenticate. Non solo con l’obiettivo della riqualificazione, ma anche per la stessa ispirazione artistica.

CvtàStreetFest 2018 Ph. AlessandroTricarico

Quella porta arrugginita, di un determinato colore, mi suggerisce una forma, un’idea. È possibile interagire con le piccole superfici, come con le pareti molto grandi — la forma del muro, la cultura del luogo, insomma quello che mi suggerisce il soggetto. In ogni caso, i miei soggetti sono comunque sempre rappresentazioni di scene intime in uno spazio pubblico, che siano sentimenti e legami tra le persone, la rappresentazione della donna… da quando io ho incominciato a dipingere da ragazzina, i miei colleghi maschi non rappresentavano le donne vere, quelle che ho visto e vedo in giro per i miei viaggi, e che annoto sul mio quaderno, ma raffiguravano la donna come un’eroina dei fumetti, una bomba sexy, come spesso accade nel mondo dei graffiti, e in genere nello scenario urbano, se pensiamo ad esempio alle pubblicità.

Quindi, a Civita, ho pensato di rappresentare su questi in parte abbandonati del paese quelle che erano le scene di vita di un tempo, partendo dalle fotografie antiche, dove si vedeva la vita di una comunità molto forte, quello che è stato mantenuto e quello che rischiamo di perdere, com’è il caso di tantissimi luoghi in paese. Rischiamo di perdere tradizioni, una cultura. Le persone che rimangono in paese alla fine sono in gran parte 90enni, di giovani siamo sempre meno. Quindi con le scuole chiuse, il destino purtroppo è uno solo.

CvtàStreetFest 2018 Ph. Alessandro Tricarico

Dopo il mio intervento a Civita in diversi punti del paese, è successo che, in maniera inaspettata, è arrivata una grande attenzione da parte dei media: ha iniziato il TG1 delle 8.30 a fare un servizio, sono seguiti l’Espresso e altri grandi giornali: senza rendercene conto, i turisti hanno cominciato ad arrivare a Civita.

Insomma, la prima volta sono andata lì anche per una questione affettiva, dopo essere stata invitata a fare un muro in paese. Sicuramente allora nessuno di noi aveva pensato di arrivare a fare un festival, assolutamente. Ma quando abbiamo visto che effettivamente i turisti e curiosi, fotografi e appassionati di street art andavano a Civitacampomarano, l’idea di poter far resistere quel luogo attraverso l’arte, o almeno provarci, ci ha fatto pensare di poter iniziare a far muovere le cose.

CvtàStreetFest 2018, UNO Ph. AlessiaDiRisio

A Civitacampomarano c’è un castello angioino meraviglioso, c’è nato Vincenzo Cuoco, c’è una storia importante. Ma è chiaro che i turisti vanno in altri luoghi e seguono altri percorsi. Il Molise è anche un po’ rappresentativo dell’Italia dimenticata e bistrattata! L’idea è stata di tornare con degli amici. Infatti il nostro non si chiama “Street art festival”, ma si chiama “street fest”: portiamo degli artisti che potessero stare bene in un contesto del genere per stile e poetica. Stiamo parlando di un borgo autentico, quindi non possiamo permetterci di fare qualunque cosa. Deve esserci un legame di stile con l’architettura e ciò che c’è intorno.

Quindi ho portato diversi artisti da diverse parti del mondo che hanno fatto una serie di interventi. La popolazione ha messo a disposizione oltre sessanta muri, è stata una cosa collettiva. A Civitacampomarano non ci sono né ristoranti né alberghi, quindi abbiamo aperto tutte le case, le signore hanno cucinato per tutti, altri amici come Dj Gruff è venuto a mettere dischi live, e Chef Rubio a cucinare: praticamente una festa di tutto il paese.

CVTàStreetFest 2018 Ph. Pierdo Fumarola

La nostra seconda domanda riguarda proprio questo: come hanno accolto gli abitanti te e la tua iniziativa? Hai notato dei cambiamenti nei confronti degli anni verso di te e verso lo street fest in generale?
Subito all’inizio c’è stato un grande entusiasmo da parte di tutti, fin dal mio arrivo. Dal primo anno mi hanno accolta anche un po’ sulla fiducia che sui miei meriti artistici, dato che ero la nipote del medico del paese, e gli anziani ancora se lo ricordano. Però dal primo anno in poi siamo arrivati ad organizzare il cinema all’aperto, tantissimi interventi artistici e installazioni, mostre itineranti, corsi: come vi dicevo, non parliamo solo di street art, ma vogliamo anche salvare quello che purtroppo un giorno rischiamo di perdere, come la capacità delle signore di fare i cavatielli.

CvtàStreetFest 2018 Ph. Alessandro Tricarico

Far partecipare anche i visitatori tedeschi e inglesi a un corso su come fare i cavatielli piuttosto che l’uncinetto, sono alcune delle cose di cui noi vorremmo fare dei tutorial per salvaguardare il sapere, e tentare di mantenere viva una cultura, che poi è un po’ un simbolo di quello che sta succedendo in molti luoghi. Ci sono tante persone che non sanno dove andare, e ci sono tanti paesi abbandonati, tutte quelle terre da coltivare: chissà se l’arte può smuovere la situazione in questo senso, e diventare un metodo di accoglienza.

Il paese ha reagito in maniera molto positiva. I giovani che sono arrivati sono degli artisti e sono stati ben accolti, perché rappresentano un po’ quell’energia che non c’è più: vedere il paese pieno di persone per gli anziani ogni anno è una cosa meravigliosa.

CvtàStreetFest 2018 Ph. Alessandro Tricarico

Qual è la tua soddisfazione più grande a livello personale?
Per me che sono un’artista e ho sempre lavorato a tanti progetti anche più sperimentali, in collaborazione e non, questo è stato un passo più in là. Ho cominciato come artista di strada, da sola, e ho trasformato la mia passione nel mio mestiere. Quando ho cominciato, la street art era vista come una cosa negativa, mentre ora giro il mondo, sono sull’Enciclopedia Treccani, e ho raggiunto tanti altri traguardi. Ma quest’esperienza è davvero un’altra cosa — vuol dire mantenere quel romanticismo degli inizi, vuol dire lavorare per dimostrare che l’arte non è fondamentale nella vita ma sicuramente ci aiuta a vivere meglio.

CvtàStreetFest 2018 Ph. Alessandro Tricarico

L’utopia è che l’arte possa servire a riaccendere l’interesse verso un luogo, una cultura una tradizione, affinché i giovani che sono andati via possano essere orgogliosi del luogo dal quale provengono. Ognuno di noi porta con sé tantissime tradizioni che rischiamo di perdere nella modernità. Che qualcosa di così moderno come l’arte di strada possa servire a riaccendere l’interesse verso qualcosa di così antico, verso le radici e le tradizioni, è sicuramente una sfida interessante.

CvtàStreetFest 2018 Ph. Alessandro Tricarico

Raccontaci qualcosa dell’ultima edizione: ci sono state novità, cambiamenti? Quali artisti hanno partecipato?
Quest’anno per la prima volta gli artisti sono stati tutti italiani. Ci sono degli interventi diversi, non solo sui muri, ma anche di scultura. C’è stata MP5 che è un’artista residente a Roma, originaria di Napoli, ha lavorato molto a Bologna. Crea silhouette in bianco e nero, e ha fatto una rappresentazione su uno dei primi muri della città, nella periferia nord del borgo, su una casa che è rimasta in piedi, su cui ha rappresentato delle figure che, tutte insieme, trasportano dei massi per costruire il muretto che c’è davvero sotto, col risultato di un gioco ottico. Il muro è caduto: la zona geografica paga ancora il conto del terremoto. Molte case sono lì ma sono destinate ad essere distrutte. Il lavoro di MP5 simbolicamente rappresenta una comunità che si prende il peso sulle spalle per ricostruire.

C’è stato poi 2501 che lavora in maniera astratta, con chine e pennelli fatti da lui, tagliati in un certo modo, con tutto un ragionamento sulle linee. Anche per l’opera molto grande che ha realizzato è nata come rappresentazione astratta di un nido situato proprio sulla parte alta di quel muro. Dunque, un’opera specificamente legata all’ambiente circostante.

Alberonero @ CVTAStreetFest 2018 Ph. Ian Cox

Poi c’è Alberonero, che ha realizzato una scultura, un’installazione in verticale di vari cubi, attraverso i quali si può guardare il paesaggio circostante in maniera diversa. C’è una rete, un cubo di specchi, un cubo di diversi colori, in base al lato in cui si guarda: ancora una volta un ragionamento sul luogo e sullo spazio dove l’arte può cambiare la percezione, riflettere e modificare i colori del paesaggio reale. Anche questa è stata costruita nella parte mancante di un palazzo, scelto sempre per il gioco di rimandi tra realtà e arte.

CvtàStreetFest 2018 Ph. AlessiaDiRisio

Anche Brus ha partecipato: questa è stata anche la prima volta che abbiamo provato a inserire la calligrafia, il graffito puro, che purtroppo ancora rispetto alla street art figurativa non è stato ancora sdoganato, perché si confonde spesso col vandalismo, col tag. Brus è un maestro della calligrafia, uno dei primi writers, uno che ha studiato moltissimo in materia. Abbiamo provato a fare questo intervento calligrafico su una parete, una delle più nuove, e poi un vero e proprio graffito è stato realizzato in stile live painting: tutti gli spettatori lo guardavano, come se fosse in un’arena. Ha decorato un furgone. Questi sono stati gli esperimenti di quest’anno. Il ragionamento è comunque sempre quello di capire quale artista può andare con quale storia.

CvtàStreetFest 2018, 2501 Ph. Alessia DiRisio