Ramona Tabita ci parla di moda e di My Little Pony



Ha la lingua tagliente e i capelli chilometrici. Le piacciono gli anni ’90, il kitsch e Terry Richardson. Guardando i suoi servizi fotografici viene voglia di canticchiare “life in plastic is fantastic“. Si chiama Ramona Tabita, fa la fashion editor e la stylist, si dice che abbia addirittura inventato un look tutto suo, il Tabita Style.

Oggi insieme abbiamo parlato un po’ di moda.

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Ciao Ramona, ti va di presentarti a modo tuo?

Sono una giovane donna che passa le giornate in compagnia di meravigliosi vestiti che non può permettersi.

Mesi fa, VICE ha pubblicato un reportage su una ragazza che si è appositamente vestita da idiota per la London Fashion Week. Tu cosa ne pensi?

È divertente vedere agli angoli delle strade gente vestita in modo improponibile che finge di parlare al telefono con la pancia in dentro. Una volta mi ha inseguito Scott Schuman, per poi dirmi che avevo l’etichetta del vestito fuori. Lo ricorderò per sempre come il  massimo momento epic fail della mia vita. Storia vera, giuro.

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Sempre loro, tengono una rubrica sulle risposte più o meno fantascientifiche date dai modaioli delle varie Fashion Week quando vengono interrogati su politica e attualità. Il tuo mondo è davvero come vogliono farci credere?

No, zero. In realtà è fatto di persone interessanti, colte e perfezioniste. Delle specie di Rita Levi Montalcini travestite da Lady Gaga.

Cos’è la moda per te? E il fantomatico Tabita Style?

Credo che il Tabita style  non esista. La moda per me è semplicemente una celebrazione del bello che prende ispirazione dal brutto della vita quotidiana.

Per un po’ ho lavorato dietro una scuola di moda: c’erano sempre gruppi di studenti con outfit tra il fichissimo e l’improponibile (spesso il confine era piuttosto labile). Mi chiedevo spesso se si sentissero obbligati a vestirsi per stupire, se fosse una specie di gara, se si divertissero o se a volte per loro fosse pesante. Poi mi ritenevo fortunata perché mi potevo vestire normocore nelle giornate no…

Devo ammettere che, quando frequentavo il biennio in moda alla Naba, perdevo più tempo per decidere come vestirmi all’esame che a prepararlo. Una volta  mi sono presentata con delle extension verde fluo prese in Paolo Sarpi. La prof.  mi ha a chiesto di farle provare una ciocca e poi mi ha messo 30. (Storia vera anche questa).

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A proposito, il normcore sarà il nuovo hipster?

Già lo è. Nella vita di tutti i giorni è una vera svolta, e devo dire che da quando Brendan Jordan è testimonial di American Appareal sono un po’ normcore anche io.

Secondo te, perché improvvisamente ce l’hanno tutti con i risvoltini?

Non lo so, e poi la battuta: «Hai l’acqua in casa?» non fa nemmeno ridere.

Dimmi: tre cose che odi e tre cose che non sopporti?

Odio le foto degli avocado su sfondo bianco su IG, il tavolino Lack e le scarpe con il platoe.

Non sopporto la pubblicità di Spotify, Salvatore Conte di Gomorra e le borse Michael Kors.

Invece, tre cose che ami e tre cose di cui non puoi fare a meno?

Amo Sophia Grace, il Milka Oreo e i My Little Pony.

Non potrei fare a meno delle sneakers, della mia agenda e dell’acqua frizzante.

Un proposito per il 2015?

Tenere ordinato il mio armadio.

Silvia Cannas Simontacchi

 

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