Ecco il discorso che Bob Dylan ha finalmente consegnato per il Nobel alla letteratura



Bob Dylan ha finalmente pubblicato il discorso con cui accetta ufficialmente il Premio Nobel per la Letteratura, consegnatogli dall’accademia svedese lo scorso aprile, in una cerimonia chiusa agli sguardi del pubblico (avvenuta soltanto perché il cantante si trovava per caso a passare da Stoccolma, parole sue).

Negli scorsi giorni, Dylan ha consegnato il suo discorso di accettazione, lo ha registrato e lo ha pubblicato online. Nel lungo monologo di circa 30 minuti, Dylan ripercorre i suoi miti letterari e parla del valore della musica, della sua personale visione riguardo ad essa.

Ecco alcuni passaggi, come riportati da La Stampa. In fondo alla pagina, il video originale.

Appena ricevuta notizia di questo Premio Nobel per la Letteratura, mi sono domandato in che modo le mie canzoni riguardassero la letteratura. Ho voluto riflettere e trovarne il nesso. Ora vorrei cercare di esporvi le mie riflessioni. Molto probabilmente girerò a vuoto, ma spero che quello dirò sia di qualche utilità. […] 

[…] Alla fine Moby è intercettata, spunta l’arpione. Le scialuppe sono calate. Gli arpioni battezzati nel sangue. Moby assale la barca di Achab e la distrugge. Il giorno dopo Moby è di nuovo avvistata. Le barche ancora calate. Moby torna ad attaccare lAchab. Il terzo giorno esce un’altra scialuppa. Allegorie religiose. È risorto. Moby attacca di nuovo, sperona il Pequod e lo affonda. Achab resta impigliato nella corda dell’arpione ed è gettato nella sua tomba marina. Ismael sopravvive. Galleggia sul mare in una bara. È tutto quel che c’è da dire, tutta la storia. Il tema, con quel che implica, è presente in molte delle mie canzoni. […] 

“Niente di nuovo sul fronte occidentale” è stato un altro libro decisivo. È una storia horror. Si perde la propria innocenza, la propria fede in un mondo governato da leggi sensate e la capacità di preoccuparsi per gli altri. È come essere imprigionati in un incubo. Succhiati in un vortice misterioso di morte e dolore. Ci si difende dall’eliminazione, dall’essere cancellato dalle mappe. Tanto tempo fa eri un giovane innocente con grandi sogni, speravi di diventare un pianista famoso. Una volta amavi la vita e il mondo, e adesso lo stai facendo a pezzi. […] 

Che significa tutto ciò? Io e molti altri cantautori siamo stati influenzati proprio da questi temi. Possono significare un mucchio di cose. Se una canzone ti prende, è tutto ciò che basta. Non devo sapere che significa una canzone. Ho scritto di tutto nei miei pezzi. Non mi preoccupo certo di cosa vogliono dire. […] 

L’Odissea è un racconto strano e avventuroso di un uomo adulto che cerca di tornare a casa dopo aver combattuto in una guerra. Il suo viaggio di ritorno a casa è pieno di trappole e insidie. È condannato a vagare. Viene sempre trascinato al largo, la sua vita sempre sul filo del rasoio. Macigni colpiscono la sua barca, fa arrabbiare persone che non dovrebbe. Ci sono degli agitatori fra i suoi uomini. Tradimento. I suoi sono prima trasformati in maiali per poi tornare uomini più giovani e più belli. Sta sempre cercando di salvare qualcuno. È un uomo in viaggio, anche se fa un sacco di fermate. […] 

Anche questo sono le canzoni. Le nostre canzoni sono vive nella terra dei vivi. Ma le canzoni non sono come la letteratura. Sono state concepite per essere cantate, non lette. Le parole di Shakespeare dovevano essere recitate. Proprio come i testi delle canzoni sono destinati a essere cantati, e non letti. Io spero che alcuni di voi abbiano l’occasione di ascoltare questi testi nel modo in cui sono stati concepiti ovvero in un concerto o su un vinile o in qualunque altro modo la gente di oggi ascolti la musica. Torno ancora una volta a Omero, che dice: «Narrami, oh Musa».