I volti provati di Bruce Gilden, fotografo di strada



Utilizza metodi poco ortodossi, ma ottiene risultati spettacolari. Un vero e proprio fotografo di strada che non ha paura di spaventare i passanti con i suoi scatti veloci. Si muove così in fretta che le “vittime” non hanno alcuna possibilità di reagire. Il suo modo di lavorare è sorprendente: in una mano il suo fidato Leica M6, nell’altra un flash, schivando i pedoni per le strade trafficate di New York, sempre pronto a sorprendere qualche faccia provata.

Kiz in Los Angles, 2014. Image 3 of 3.

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Nato a Brooklyn, NY, nel 1946, Gilden inizia a lavorare al suo primo progetto fotografico a lungo termine nel 1969 a Coney Island (da cui il libro Coney Island, 2002) mentre dal 1975 al 1982 si dedica ad immortalare il martedì grasso di New Orleans. Negli anni Gilden ha viaggiato a lungo lavorando su commissione e realizzando progetti fotografici in India, in Russia e in Romania, ma ritornando sempre sulle strade di New York, dove, dal 1981, lavora incessantemente. La sua opera raggiunge il livello più alto con la pubblicazione di Facing New York (1992) e di A Beautiful Catastrophe (2005).

Sherie in Los Angeles, 2014. Image 2 of 3.

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Gilden è un perfetto osservatore, calcola ogni suo movimento, scruta l’ambiente circostante e attende. Spesso corregge le traiettorie dei suoi soggetti con il proprio corpo…. porta la gente a fare determinati percorsi, la induce a spostarsi nella posizione perfetta e click… fatto.

Il nuovo libro di Bruce Gilden, “Face”, edito da Dewi Lewis, lancia al mondo una scommessa: Riuscirai a dimenticare anche solo uno tra i 50 volti che abitano il libro? “Alla base di questo progetto c’è il desiderio di rappresentare coloro che la società si lascia alle spalle”, raccolta Gilden. “Molte di queste persone sono invisibili, la gente si gira dall’altra parte per non guardarli. Ma come aiutarli se non riusciamo nemmeno a fissare lo sguardo qualche attimo su di loro? Prestargli attenzione è il primo passo per aiutarli. Ma questo non è lo scopo principale del progetto. Non sono un umanitario o un filantropo. Sono un fotografo. Ritraggo narcisisticamente quello che attira il mio interesse. In questo caso i perdenti, perché è così che mi sento”.

Jackson, Mississippi. Mississippi State Fair. 2013. Image 3 of 3.

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