Intervista a Rubens Cantuni aka Tokyo Candies



I suoi disegni ricordano certi tatuaggi old school, di quelli coloratissimi e fatti bene, che più resti a fissarli e più scopri particolari. È come se un rapper di Venice Beach decidesse di fare il samurai giapponese, o viceversa. Lui è Rubens Cantuni, a.k.a. Tokyo Candies, e noi gli abbiamo fatto qualche domanda perché ci raccontasse i bellissimi casini che crea.

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Ciao Rubens, quanti anni hai, da dove vieni e da quanto disegni?

Ciao. Ho appena compiuto 33 anni, ma non l’ho fatto apposta, giuro. Vengo da Genova, ma dopo un anno e mezzo a Milano tra qualche giorno mi trasferisco a Los Angeles. Disegno, come tutti, dall’asilo, poi qualcuno smette e qualcuno continua. Io non ho mai smesso, anche se in realtà tutto il mio percorso di studi è stato al di fuori dell’ambito del disegno o comunque di quello che faccio adesso.

Preferisci lavorare in analogico o digitale?

Preferisco il digitale per la versatilità e la possibilità di rimediare agli errori senza diventare pazzi (chi non vorrebbe un mela+Z nella vita reale?), ma apprezzo molto chi è capace di lavorare anche in analogico. Io lo faccio di rado perché sono pigro.

La scorsa estate sono stata ad Honolulu: è una città mutante, mezza americana e mezza giapponese, eccessiva, sensuale, pacchiana, e allo stesso tempo selvaggia e plasticosa. I tuoi lavori mi ricordano un po’ Honolulu…

Non sono mai stato ad Honolulu (per ora), ma mi fido del tuo parere. Sicuramente sono tutti aggettivi che potrei dare al mio lavoro. Escluso forse “pacchiano”, avrei coniato un termine fintamente raffinato tipo “anti-minimalista”.

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Parlamene un po’…

Fondamentalmente faccio quello che mi diverte. Non avendo il lavoro di illustratore come principale fonte di reddito ho anche il privilegio di poter rifiutare i lavori che non sento veramente nelle mie corde o che non ritengo interessanti.

Cosa non disegneresti mai?

Domanda interessante, visti i recenti eventi scatenati appunto da disegni che secondo qualcuno non andavano fatti. Tralasciando la politica, non accetterei mai una commissione dove mi si chiede di copiare qualcosa fatta da altri, anche solo in parte.

Cosa fai quando non disegni?

A parte le cose che si fanno normalmente nel tempo libero (guardare film, leggere libri, ecc ecc), direi che lavoro, perché il mio disegnare non è il mio solo ed unico impiego. Fino a un paio di mesi fa ero art director (oltre che illustratore) in un’agenzia di Milano, e come tale avevo diversi compiti, sempre legati all’ambito creativo, ma non necessariamente legati al disegno. La mia attività di illustratore è sempre stata parallela a quella in agenzia. Adesso col mio trasferimento a L.A. cambierò anche lavoro e mi lascerò alle spalle (spero per sempre) l’attività di advertising.

E quale sarà il tuo nuovo lavoro?

Mi occuperò di applicazioni mobile educational per bambini. E’ una cosa che mi appassiona molto.

Consigliami un tuo collega…

Ti consiglio Mauro Gatti, perché oltre che un talento è anche un amico. Se è già stato dei vostri fammi un fischio, che ho tonnellate di altre segnalazioni in lista.

Silvia Cannas Simontacchi

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